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Una pressione estrema sul posto di lavoro può causare ansia

Molte persone sono confrontate con diversi stati d’ansia. Quindi è importante capire cosa può scatenare un disturbo d’ansia di questo tipo e quali comportamenti contrastano l’ansia, afferma nell’intervista Dietmar Hansch, medico responsabile presso la Clinica Privata Hohenegg.

I disturbi d’ansia sono aumentati?

Dietmar Hansch: I gravi disturbi d’ansia non sono aumentati. Per contro, i nostri pazienti manifestano sempre più frequentemente stati d’ansia neurotici d’entità piuttosto lieve, come pure manifestazioni d’ansia che accompagnano altre patologie, per esempio un burnout.

Qual è la causa?

Tra le altre cose, ciò ha a che fare con la crescente pressione nel mondo del lavoro e con gli sviluppi globali che possono causare paura. Le parole chiave sono migrazione, guerre civili, digitalizzazione, automazione e il relativo timore di perdere il posto di lavoro. A questo contribuisce anche l’economia dell’attenzione, che privilegia le notizie altisonanti. Siamo inondati da news negative che possono scatenare paure.

La concorrenza nel mondo del lavoro è agguerrita. Molti temono per il proprio lavoro. Lo segnalano anche i suoi pazienti?

I pazienti riferiscono che il mondo del lavoro è diventato più duro. A volte vige una spietata cultura dell’agire sgomitando. Ne soffre la cooperazione collegiale sul posto di lavoro. Sotto stress, le caratteristiche di una personalità, anche quelle meno piacevoli, risultano più evidenti. La persona colerica, ad esempio, che riesce a controllarsi nella normale vita quotidiana, improvvisamente non riesce più a contenersi. In un certo senso, vengono alla luce le nostre caratteristiche di primati. Le persone si lasciano coinvolgere in una situazione sempre più difficile, i conflitti si intensificano e la riconciliazione diventa sempre più ardua.

La paura è un tabù maggiore rispetto a un burnout.

Cosa possono fare i datori di lavoro per contrastare tali situazioni? Poiché conflitti e collaboratori sovraccaricati non sono nel loro interesse.

I datori di lavoro dovrebbero formare e rafforzare l’autocompetenza dei propri dipendenti. Spesso mancano le conoscenze psicologiche di base. Da dove originano i nostri sentimenti? Come possiamo gestire l’invidia, la gelosia o l’ansia? Quali possibilità abbiamo per reagire allo stress? Cosa succede all’interno di un gruppo? Vi sono molte conoscenze psicologiche che potrebbero risultare utili in situazioni difficili. Tuttavia, esse vengono insegnate solo in modo puntuale nei corsi di formazione. Una formazione adeguata promuove la creatività e la capacità di lavorare in team.

Le paure concrete, ad esempio della perdita del posto di lavoro, sono spesso tabù.

Non è facile parlare della paura. Spesso, questa risulta essere un tabù maggiore rispetto a un burnout che nel frattempo è divenuto accettabile – pressoché un sigillo di qualità che attesta l’impegno professionale. D’altra parte, in un mondo del lavoro altamente competitivo e basato sulla forza, non è piacevole essere classificati come una persona paurosa. Indossare una maschera, tuttavia, richiede un grande sforzo.

I lavoratori più anziani devono aspettarsi di perdere il proprio impiego. Lo dimostrano i licenziamenti di ultracinquantenni, ad esempio nelle banche. Cosa consiglia loro di fare?

È utile monitorare il mercato del lavoro e possedere un piano B. Anche la formazione continua è importante, ma questo lo sostengono tutti. Consiglio di riflettere sul significato di felicità e di riconoscere che il piacere alla vita non dipende solo dal lavoro, dallo status sociale e dalla ricchezza materiale - come ancora ritenuto da molti che poi agiscono di conseguenza. La perdita dell’impiego, dello status sociale e di denaro può colpire chiunque. Tuttavia esistono anche persone che volontariamente optano per uno stile di vita più semplice. Ho letto biografie di persone che hanno abbattuto tali vincoli. Questo passo relativizza le proprie aspettative e dimostra che esistono altri modi di vita. Non sto dicendo: rinunciate a tutto, vendete e regalate i vostri beni. Bensì: siate consapevoli che non avete necessariamente bisogno di tutte le comodità e che una perdita può anche essere una nuova opportunità.

Bisogna abbandonare i pensieri auto-referenziali e concentrarsi pienamente sull’azione.

In caso di crisi, la famiglia e gli amici assumono un ruolo importante.

Bisognerebbe essere in grado di parlare apertamente delle proprie preoccupazioni e paure, specialmente nella cerchia familiare e con gli amici. In molti casi, le paure hanno a che fare con i modelli di ruolo tradizionali. Ad esempio, io sono il capofamiglia e devo finanziare gli studi dei miei figli. Se questo non risulta più possibile, sono un fallito. Si tratta di un atteggiamento implicito e molto diffuso. Parlandone in famiglia posso mettere in discussione questo atteggiamento. Magari si giunge alla conclusione che è possibile cavarsela con meno e che occorre cambiare il proprio ruolo. Se la famiglia e gli amici mostrano comprensione, questo può già essere di grande aiuto e contribuire affinché io diventi nuovamente efficiente. Una leggenda narra che i samurai pronti a morire sono quelli che poi rientrano dalla battaglia. Se affrontiamo la possibilità del peggiore scenario con una certa indifferenza, ci rilassiamo e riconquistiamo energia per i nostri compiti. Accettare una situazione difficile spesso fa sì che quanto temuto poi non si verifichi.

Si tratta quindi di “lasciare andare”?

Un proverbio asiatico recita: «Devi lasciar andare ciò che vuoi raggiungere». Lasciare andare i pensieri auto-referenziali, concentrarsi pienamente sull’azione, tanto da dimenticarsi di se stessi. Il successo sopraggiungerà svolgendo le proprie attività. Oppure, se non vi è nulla da fare nell’immediato, dedicare tutta la propria consapevolezza alla percezione del qui e ora. Anche in questo caso, non vi sarà spazio per pensieri catastrofici, paure incontrollabili o pensieri inibitori.

È importante esporsi il più rapidamente possibile a situazioni scomode, ad esempio tenendo una conferenza.

La paura porta anche a ritirarsi. Per esempio, coloro che hanno paura di parlare davanti a un pubblico eviteranno queste situazioni. La strategia giusta non sarebbe invece il confronto?

Vi sono persone che hanno sviluppato una vera maestria nell’evitare situazioni spiacevoli. La nostra società offre molte opportunità di fuga. Ad esempio, chi soffre di una fobia sociale ordina i pasti tramite internet e si isola. Oppure ci si dichiara malato anche se andare a lavorare farebbe bene. Così gli stati d’ansia peggiorano. Più a lungo dura il ritiro, più difficile sarà rientrare nella propria vita abituale. Pertanto è importante esporsi il più rapidamente possibile a situazioni scomode, ad esempio tenendo una conferenza. Fate ciò che vi fa bene, raccomandano molti. Ma non è sempre giusto. Chi ha paura di usare l’ascensore dovrebbe comunque farlo. La ragione è un potente mezzo per contrastare sentimenti sbagliati o eccessivi.

Lei ha scritto un libro sull’ansia. Quali sono le novità nella terapia contro l’ansia?

Negli ultimi anni, non è stato sviluppato nessun nuovo singolo metodo decisivo. Quindi, al momento vedo solo un modo per trattare l’ansia e altri disturbi in modo più efficace. Bisogna raggruppare i diversi metodi, che si rivelano adeguati, in una combinazione sensata, applicandoli in modo sinergico. Cerco di illustrare questo nella mia guida. Metto a disposizione le conoscenze e combino i metodi. Vi è la tendenza nella sfera psicoanalitica e in quella della terapia comportamentale a rendere assoluti i singoli metodi. I sostenitori della consapevolezza svalutano quelli della cognizione, che a loro volta sorridono di coloro che ritengono la consapevolezza quale unico metodo valido. Ritengo che questo atteggiamento non giovi a molto. Le terapie di successo sono quelle in cui vi è una combinazione di diversi approcci.

Il suo libro è anche una guida di auto-aiuto. In che modo può risultare utile alle persone confrontate con un disturbo d’ansia?

Trasmette conoscenze di base, permette di comprendere i sintomi e di riconoscerne l’innocuità. Questo riduce l’ansia. Nella fase successiva, vengono presentati esercizi in modo comprensibile e facilmente praticabile. Applicandoli in modo sistematico si presenta l’opportunità di ulteriori miglioramenti.

Anche l'auto-aiuto ha dei limiti.

L'auto-aiuto è sempre positivo, anche una buona psicoterapia è in gran parte un ausilio all’auto-aiuto. Spesso e tuttavia opportuna o necessaria la combinazione con una terapia professionale: quando ci si sente insicuri o non si è in grado di progredire da soli, quando si beneficia in modo particolare dalla reciprocità in una relazione o se la pressione diventa eccessiva. In casi gravi, questo può anche comportare il ricovero in una clinica psichiatrica.

Intervista: Rolf Murbach, redattore di “Context”, rivista edita da SIC Svizzera.

Comprendere i sintomi e riconoscerne l’innocuità, questo riduce l’ansia.